PUNTO E A CAPO

“... la fotografia si esplica sempre all’interno di un dualismo perfetto. Se uno ci pensa, nella fotografia c’è il negativo e il positivo. È un rapporto tra la luce e il buio. È un giusto equilibrio tra quello che c’è da vedere e quello che non deve essere visto. Quando noi fotografiamo vediamo una parte del mondo e un’altra la cancelliamo.”
Luigi Ghirri

Mi sono spesso chiesto cosa è per me la fotografia e più volte mi sono soffermato a riflettere proprio sugli opposti che ne sintetizzano l’essenza e agli esempi citati da Luigi Ghirri aggiungerei anche la velocità e la lentezza. La velocità, i tempi di esposizione brevissimi, l’istante, l’attimo fuggente, l’immediatezza nell’intuire il momento decisivo. Ma anche la lentezza, nell’attesa del momento decisivo, della luce migliore, la ricerca lenta del soggetto, l’approccio meticoloso e riflessivo del grande formato, i tempi lunghi, il mosso. In sintesi, la fotografia forse per me è proprio quel dualismo perfetto dentro il quale bisogna districarsi ogni volta che ci si mette al collo una macchina fotografica. Per tanti anni ho lavorato in velocità, fotografando prima le cronache della mia città e poi i fatti di rilievo internazionale, sempre puntando a raccontare le storie e i personaggi che si trovavano davanti al mio obiettivo nel modo migliore che io conoscessi, con il massimo rispetto ma soprattutto il più velocemente possibile, perché le storie si susseguivano velocemente una dopo l’altra e i giornali attendevano le fotografie. Adesso, dopo 30 anni, qualcosa è cambiato nel mio lavoro e nella mia vita e sento che è arrivato il momento di lavorare in lentezza. Senza pressioni di temi e di tempi, senza inseguire le storie o i ritmi della concorrenza del mercato del fotogiornalismo d’agenzia ma concentrandomi solo ed esclusivamente sul rapporto lento e casuale con i soggetti, ritornando a vivere l’emozione della fotografia analogica, dell’attesa dello sviluppo della pellicola che ti porta a vedere le fotografie a distanza di giorni da quando le hai realizzate. Un vecchio/nuovo approccio per provare a ritornare alla fase pura e più emozionale di quella passione per la fotografia che mi ha portato a intraprendere una professione meravigliosa ma anche complessa e faticosa. La serie di fotografie qui esposte rappresenta proprio un cammino casuale durante il quale mi sono imbattuto in alcuni dei luoghi che fanno parte della mia vita, della mia esperienza del mio intimo rapporto con la fotografia. L’analogico e soprattutto l’utilizzo di un formato particolare, come il medio formato panoramico della Fuji 617, mi hanno imposto un approccio più riflessivo, una ricerca rilassata di alcuni soggetti che rappresentassero intimamente, e forse solo per me, un’emozione da fissare sulla pellicola. Nelle mie passeggiate a vagare per le strade di Palermo o nelle campagne Iblee ho pensato spesso al punctum di Roland Barthes e queste fotografie rappresentano delle singole emozioni che mi hanno punto, mi hanno colpito, che hanno lasciato un segno, hanno smosso dei ricordi, dei sentimenti forse sopiti e in attesa di essere risvegliati. Emozioni assolutamente personali e che non devono necessariamente essere condivise dai visitatori ma più semplicemente potrebbero essere utili per conoscere meglio l’autore o per stimolare domande e intime riflessioni a ciascun visitatore. E come in un continuo dualismo perfetto il punctum, potrebbe anche essere considerato nell’accezione più comune della frase “punto e a capo”, ovvero proprio per definire una mia personale nuova fase di vita, un nuovo percorso che so da dove parte ma non so ancora dove finirà.

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