Tony Gentile febbraio, 2017

Quando le immagini diventano icone

“Qualche tempo fa Ferdinando Scianna, durante un incontro a tre con Gaetano Savatteri per la presentazione del mio libro a Milano, a proposito di Icone, diceva: “L’icona, quasi sempre, è un’immagine che rimanda ad un’altra immagine. È qualcosa che più che vedere riconosciamo, è questo che la trasforma in icona”. In sostanza spesso le icone, secondo Ferdinando Scianna, diventano tali perché noi vi riconosciamo altre immagini che abbiamo già visto e che si trovano nascoste in qualche meandro del nostro cervello o della nostra cultura visiva. È una considerazione molto interessante quella di Scianna. Da quella sera ho cominciato a pensare dove poteva essere nascosta la madre della mia fotografia più famosa, il modello della mia Icona. E sempre Scianna in più occasioni mi aveva dato dei suggerimenti. Qualche mese fa ho partecipato al disvelamento di una delle opere più importanti del pittore Giorgio Vasari, L’ultima cena. Opera restaurata e restituita al pubblico 50 anni dopo l’alluvione di Firenze del 1966 che la aveva pesantemente danneggiata. Mentre la osservavo ammirato per la sua splendida bellezza mi sono imbattuto in due personaggi che parlano tra di loro gesticolando. È bastato un attimo per riconoscere quel meccanismo descritto da Scianna. La mia fotografia sembrava nascosta dietro due figure dipinte dal Vasari nel 1546, 470 anni prima.

I due personaggi parlano con la stessa complicità di Falcone e Borsellino e uno sembra gesticolare con la mano quasi esattamente come Giovanni Falcone. La somiglianza tra le due immagini è veramente impressionante. Meccanismi simili li avevo riscontrati in alcune mie fotografie in altre occasioni. Singolari sono ad esempio le similitudini tra alcune mie foto e alcuni dipinti del Pittore Colombiano Botero. Una delle mie fotografie preferite è un’immagine ritrovata in occasione della realizzazione del libro, una foto di Giovanni Falcone attorniato da una folla che sembra assolutamente ignorarlo, nessuno lo guarda, nessuno sembra accorgersi di lui. Questa foto, rivista a distanza di anni da quando l’avevo realizzata, mi ha fatto pensare a quello che si era sempre detto di Falcone immediatamente dopo la sua morte, “Falcone è stato ucciso perché lo hanno lasciato solo”. Alla luce di questo concetto la mia fotografia mi è sembrata perfetta per illustrare il senso di solitudine che sicuramente il giudice avrà vissuto. Falcone solo, immerso in una folla di persone che non lo riconoscono e con un livello di protezione ridicola rispetto ai rischi che correva ogni giorno.

Quando un giorno un amico mi parla di questo dipinto di Botero in cui un Cristo si muove tra una folla che non si accorge di lui colgo delle somiglianze che non avrei mai immaginato. Questa cosa mi incuriosisce e appena Botero porta la sua mostra “Via Crucis” a Roma vado a visitarla e qui mi accorgo di un’altra similitudine tra un dipinto ed una mia fotografia. Ecce Homo, un Cristo flagellato, le mani legate le vesti strappate e soprattutto un dettaglio, una mano fuori campo che entra da un lato del quadro. Curiosamente anche questo dipinto somiglia ad una mia foto famosa. Giovanni Brusca ammanettato subito dopo il suo arresto, la barba, i segni sul viso dopo essere stato maltrattato e anche qui una mano che entra da fuori campo. Non sono ancora riuscito a mettermi in contatto con Botero con il quale voglio confrontarmi sulle singolari analogie tra le mie foto e i suoi dipinti.

Un altro caso risale a qualche giorno fa in cui una persona, osservando la mia foto del calciatore della nazionale italiana Giorgio Chiellini che urla nei confronti dell’arbitro dopo avere ricevuto un morso dal calciatore Uruguaiano Suarez durante un incontro dei mondiali di Calcio 2014 in Brasile, rimane colpita dal viso di Chiellini e da quanto la sua espressioni somigli a quella di un soldato disegnato da Leonardo da Vinci nella Battaglia di Anghiari. Anche in questo caso la somiglianza è notevole.

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