Tony Gentile aprile, 2020

Il cielo era azzurro sopra Berlino

Bisogna proprio odiare il calcio per non ricordare il 9 luglio del 2006. Ciascuno di voi si ricorda probabilmente dove stava e come ha reagito dopo il rigore di Grosso. Io non l’ho visto in TV e neanche ho esultato, non perchè non volessi farlo ma perchè non potevo farlo, ma quella sera me la ricordo benissimo, mi ricordo perfettamente tutte le emozioni che oggi rivivo attraverso le mie fotografie. Il pensiero fisso che mi frullava per la testa in quell’estate del 2006 era sempre lo stesso “fino a pochi anni fa fotografavo il Palermo nei campi di serie C e adesso sono al mondiale? Non ci posso credere!” La coppa del mondo di calcio, l’evento sportivo più importante al mondo, non era affatto male come risultato. Ma per un fotografo di agenzia di stampa, come ero io, essere tra i privilegiati che devono coprire un evento così importante richiede anche di adeguarsi a delle rigide regole. Io ero stato assegnato all’Italia e la seguivo già da un paio di anni prima dei mondiali, ero stato al seguito della nazionale in Norvegia, Moldavia, Svizzera ma andare in Germania sarebbe stata un’altra cosa.

Insieme ad un gruppo di giornalisti di altre testate ci imbarcammo con tutto lo staff della nazionale su un volo charter diretto a Dusseldorf, l’aeroporto più vicino a Duisburg dove gli azzurri si allenavano e dove qualche anno dopo una strage mafiosa avrebbe portato alla ribalta di nuovo questo nome. Il mio compito sostanzialmente era quello di stare ogni giorno con la squadra, seguivo gli allenamenti giornalieri e le conferenze stampa.

Ma la cosa più eccitante chiaramente erano le partite. E’ inutile dire che la cosa più importante per me sarebbe stata riuscire ad andare in finale perchè se, come abbiamo detto, la coppa del mondo è l’evento sportivo più importante al mondo la sua finale lo è ancora di più perchè è il culmine dell’evento. Pertanto, chi non avrebbe voluto esserci all’Olympiastadion di Berlino in una calda sera d’estate quando si sarebbe scritta la storia del calcio e quella sportiva di un paese? Io avevo una sola possibilità per esserci: l’Italia doveva andare in finale, solo in questo modo io avrei potuto far parte del team che avrebbe fotografato la finale e di conseguenza vederee raccontare con i miei occhi la storia. Superato il primo turno si entrava nella fase ad elimazione diretta e qui le cose si facevano più dure perchè se l’Italia fosse stata eliminata anche io sarei tornato a casa con la squadra e il mio mondiale sarebbe finito. Quindi potete immaginare chi era il primo tifoso di quella squadra, io volevo la mia finale. Ogni partita da quel momento in poi era per me una gran finale. Sorvolo sullo sfottò che si creava tra i colleghi della stessa mia agenzia su chi, alla fine di ogni partita, sarebbe tornato a casa. Prima toccò all’Australia e al suo fotografo, l’amico David. Ci siamo punzecchiati fino all’ultimo momento prima dell’inizio della gara: “hai preparato le valigie David? Lo sai che domani torni a casa?” E nel frattempo la paura di essere io a tornare indietro mi distruggeva, ma era un modo per darsi forza e concentrarsi per il lavoro, che era chiaramente la priorità assoluta. La partita non è bella e si soffre fino all’ultimo minuto quando Totti mette in rete il pallone su calcio di rigore, assegnato sul fallo subito dal mitico Grosso. Il mitico difensore del Palermo che da li a qualche giorno ce ne avrebbe date di soddisfazioni, ma noi ancora non lo sapevamo. Nel frattempo nell’esultare mi finiscono tutti addosso e io vengo beccato dalle telecamere di tutto il mondo per la gioia dei miei familiari.

Poi fu la volta dell’Ucraina e anche quella, insieme al suo fotografo, tornò a casa grazie ai goal di Zambrotta e Luca Tony.

Contro la Germania le possibilità erano veramente scarse, i tedeschi giocavano in casa e colleghi li avevo tutti contro, erano abbastanzi sicuri e anche un poco arroganti ma io mi presentai al briefing prepartita, di fronte a diversi fotografi tedeschi, con una maglietta che avevo realizzato appositamente qualche giorno prima stampando una mia foto dell’esultanza di Luca Toni. Sapevo che non avrebbero gradito molto la mia provocazione e mi avrebbero massacrato ma dovevo resistere. Dopo tutto quello che mi avevano detto e soprattutto dopo quello che alcuni giornali tedeschi avevano scritto sugli italiani pochi giorni prima di quella partita, forse potete immaginare la soddisfazione che ho potuto provare al goal di Grosso e poco dopo all’esultanza di Del Piero. La gioia era incontenibile, eravamo in finale, anzi ero in finale e per di più battendo i tedeschi in casa, che soddisfazione.

Ed eccoci a quel 9 luglio, in mattinata una lunga passeggiata per le strade di Berlino per cercare di stemperare la tensione poi a pranzo super briefing. Saremo 9/10 fotografi a coprire l’evento, ciascuno di noi ha una sua precisa postazione e un suo compito, in caso di rigori ognuno sa cosa deve fotografare, nulla è lasciato al caso, anche il momento della premiazione ciascuno di noi velocemente dovrà recarsi nella propria posizione. La tensione è altissima ma la carica emotiva che porterà ciacuno di noi ad mettere la massima concentrazione per ottenere il miglior risultato è altrettanto alta.

La cronaca della partita sicuramente la conoscete a memoria ma io voglio ricordarmi solo i punti salienti: Al 7′ il fallo di Materazzi su Malouda, è rigore per la Francia, batte Zidane e fa una sorta di cucchiaio che sbatte sotto la traversa, a momenti sbaglia ma la palla supera la linea ed è goal. E’ molto teso anche lui, forse sà già che non finirà in campo questa partita.

Al 19′ Materazzi, che si rivelerà determinante per l’andamento della partita, su un cross da calcio d’angolo di Pirlo batte in elevazione Vieira e insacca la palla alle spalle del portiere Barthez, 1-1

Nel secondo tempo nonostante un goal annullato a Totti nessuna delle squadre riesce ad andare in vantaggio, il risultato resta sull’1-1 e si va ai supplementari. La posta in gioco è troppo alta e le squadre si fronteggiano con grandi tatticismi ma senza riuscire a sbloccare il risultato. Durante il 2° tempo supplementare succede qualcosa tra Zidane e Materazzi e il centrocampista francese reagisce violentemente sferrando una testata al petto del difensore azzurro. Il cartellino Rosso è inevitabile, quello che è successo veramente tra i due è stato poi oggetto di discussione per tanti anni ma dal campo niente è stato possibile percepire, solo un pesantissimo cartellino rosso.

I 120 minuti di gioco terminano sul risultato di 1-1, la coppa del mondo si assegnerà con la lotteria dei rigori, come dicono i migliori telecronisti. Come da briefing il mio compito è quello di seguire le reazioni della panchina Italiana quindi non dovrò inquadrare chi tira il rigore, ci sono altri che lo faranno. Per questo, come dicevo all’inizio non ho visto Grosso calciare il penalty della vittoria, ma l’ho sentito, ho sentito lo stadio che tramava, ho sentito delle incredibili vibrazioni mischiate ad adrenalina a 1000.

Decine di migliaia ti tifosi arrivati dall’Italia uniti agli italiani residenti in Germania hanno fatto crollare l’Olympiastadion di Berlino. Io stavo in quello stadio ma la mia freddezza professionale mi impediva di esultare con loro, quindi dovevo resistere e recarmi di corsa a prendere la mia nuova posizione sotto la tribuna dove finalmente dopo 24 anni il capitano dell’Italia avrebbe alzato al cielo la coppa del Mondo lasciando libero sfogo alla gioia di tutti gli altri compagni che quella coppa l’avevano conquistata.

Quella notte chiaramente è durata pochissimo e l’indomani bisognava ripartire. In mattinata conferenza stampa dei vincitori e poi dritti in aeroporto per tornare a Roma dove una nazione piena di tifosi impazziti aspettava i loro eroi con la coppa.

Un altro magnete e un altro bel viaggio nei miei ricordi.

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